Gli utenti attivi su Internet in Italia al 2022 erano oltre 42 milioni, e il dato è destinato a crescere, forte delle nuove generazioni ma anche della popolazione più anziana, che sta diventando, in parte, sempre più digitalizzata.
A cambiare sono il modo in cui si cercano le informazioni online, ma anche i canali di acquisto e gli strumenti di pagamento, ormai cashless in gran parte dei casi, grazie anche alle misure di istituzioni e privati del settore, nonché a un investimento sulla cybersecurity.
La competenza digitale si riflette anche in un approccio sempre più critico e consapevole, tanto che si stanno affermando, nel marketing, concetti connessi a questo nuovo modo di vivere il mondo, tramite il web. Ecco, dunque, il cosiddetto “Search Intent” che tradotto letteralmente in italiano sta a significare “Intenzione di ricerca”. Con questo termine del gergo tecnico si fa riferimento all’obiettivo finale che un utente ha in mente – in maniera più o meno consapevole – quando sceglie di effettuare una qualunque ricerca su Internet, per mezzo di Google o di un altro motore. Se i motori di ricerca stessi provano ad anticipare i bisogni degli utenti e le loro intenzioni nel momento in cui digitano delle parole sull’apposito campo – ad esempio con i suggerimenti o il completamento automatico – vero è che dall’altro capo della tastiera ci sono persone con necessità diverse, anche quando inseriscono una stessa parola chiave.
Per questo le aziende, e il marketing, ai fini di un corretto posizionamento e per intercettare il pubblico giusto, hanno iniziato a destinare risorse alla comprensione del “Search Intent”, per massimizzare il traffico di qualità.
La ricerca per parole chiave
Uno degli strumenti cardine di questa analisi è la corretta gestione e interpretazione delle parole chiave o keywords inserite che, come si è visto, possono fare riferimento a intenti di ricerca diversi, da persona a persona. Qualche esempio può aiutare a capire meglio questo concetto.
Le parole chiave “transazionali”
Come si è detto l’e-commerce ormai è una realtà solida e in crescita, con un valore di più di 48 miliardi di euro annui, tra prodotti e servizi telematici.
Spesso le parole chiave che si digitano fanno riferimento non a informazioni che si cercano ma a prodotti che si vogliono comprare.
Un esempio? “Scarpe sneakers blu”, “Gonna midi gialla”, “Tavolino da soggiorno”, “Mascara waterproof”, e così via, solo per fare riferimento a cosmetica e abbigliamento, tra i comparti trainanti del commercio elettronico. La SERP generata, ovvero i risultati del search, è tutta legata a offerte su questi articoli, e dunque un corretto posizionamento non può prescindere dalla visibilità del prodotto, magari per mezzo di marketplace internazionali come Amazon o di piattaforme di couponing tipo Groupon.
Le parole chiave “informazionali”
Si è anticipato il fatto che i nuovi utenti sono critici e consapevoli e su Internet non cercano solo prodotti o servizi, ma anche informazioni sugli stessi, magari sui prezzi, sulla qualità, sul rapporto tra i due fattori, meglio se sostenuto da promozioni come codici sconto, bonus, coupon, voucher.
Capita spesso, di conseguenza, che il search contenga anche indicazioni “informazionali”. Qualche esempio? Se si scrive “meglio questo eyeliner o quest’altro?” indicando le due marche, si è alla ricerca di un confronto tra beni similari, così come se si digita “comparazione prezzi car sharing Roma” è chiaro che si sta cercando un servizio di qualità ma economico in città. Altre volte, nel caso di servizi più complessi, si cercano proprio recensioni vere e proprie e strutturate, spesso mirate a portali specifici: ad esempio “recensioni trivago.it” o, invertito, “tombola.it recensioni” ma anche, spaziando tra i settori, “recensioni enelpremia.it” o “reviews shopify.com”, e chi più ne ha… più ne digiti. In questi casi si può essere alla ricerca di recensioni da parte degli altri membri della community, magari verificate da servizi come Trustpilot – vista anche la recente direttiva Omnibus – oppure di pareri qualificati da team di analisti/comparatori, come nel caso dei servizi di energia, del mercato delle criptovalute, dei giochi legali a distanza e del trading online, soltanto per menzionare alcuni tra i settori in crescita.
In questi casi l’informazione è preliminare alla conversione, ma le aziende, per velocizzare il traffico verso il proprio sito, spesso utilizzano i portali di comparazione tramite affiliazione, aggiungendo offerte e promozioni incentivanti.
Le parole chiave “navigazionali”
Capita, a volte, che il solo obiettivo di chi accede alle risorse della Rete sia quello di navigare verso una pagina o un prodotto specifico. In questo caso le risposte cercate sono più delineate già alla fonte, e si conosce quello che si desidera trovare. Un esempio di questo tipo di approccio è quando l’utente cerca un libro preciso, un paio di scarpe firmate, un cosmetico di una data marca. Il problema, in questo caso, è capire se chi effettua la ricerca vuole soltanto il sito ufficiale del rivenditore, oppure se ha intenzione di acquistare anche presso altri store o marketplace. Si tratta dunque di query navigazionali o intenzionali/transazionali?
La SERP, ovvero la catena dei risultati di ricerca, fornisce ancora una volta indicatori molto utili. Una volta analizzati i risultati di ricerca, esistono dei tool specifici che si possono usare per ottimizzare i search e generare un buon ritorno per la propria pagina. Per farlo occorre un po’ entrare nella mente di chi naviga, ottimizzare le ricerche per mezzo della SEO (Search Engine Optimization) ma anche monitorare i risultati conseguiti, aggiustando, se necessario, il tiro.